Diario di Accattone

di Pier Paolo Pasolini

31

Luglio
Di:
Pier Paolo Pasolini
Drammaturgia e regia:
Fabio Sonzogni
Con:
Fabio Zulli
Lucia Vasini
Video di:
Andrea Zambelli
Progetto di:
Gabriele Allevi
Luca Doninelli
Produzione:
Teatro de Gli Incamminati

Mentre si accinge a girare il suo primo film, Pier Paolo Pasolini tiene un diario personale. Sono pagine di enorme bellezza, stranamente semplici, piene di poesia e di stupore. La scoperta del cinema – che per Pasolini non è mai soltanto un “mezzo” espressivo  – si fa tutt’uno con quella di Roma e, più ancora, con una nuova scoperta di sé. La lettura magistrale proposta riesce a conservare, miracolosamente, questo senso di novità, di nascita.

Il bellissimo diario che precede e accompagna la realizzazione del primo film di Pier Paolo Pasolini rappresenta un unicum nella produzione del grande scrittore e intellettuale. Qui la scrittura di Pasolini si fa più lieve, si direbbe disimpegnata, forse perché l’impegno si carica tutto sulla pellicola, sulle visioni non ancora trasformate in immagini ma che già occupano la mente dello scrittore. Così, la parola scritta si libera di ogni fardello, si fa pura cronaca di avvenimenti, incontri, conversazioni, feste, passeggiate notturne e solitarie dove la Roma di quegli anni, la stessa de “La dolce vita” si presenta agli occhi di Pasolini come un mistero da conquistare, come l’emblema stesso del mistero della vita. In questo “Diario”, ricco di immagini poetiche, la parola si offre per quello che è: non semplice comunicazione, ma come un mondo che nasce. Come se Roma (e l’universo) cominciassero a esistere in quell’istante.

Note di regia

Abbiamo preceduto lo spettacolo che sarà, con una messa in scena laboratoriale per approfondire il testo e i suoi infiniti percorsi introspettivi. Fare la regia di questo testo è come trovarsi su una lastra di cristallo sotto la quale s’intravedono fughe negli abissi dell’io e più oltre; questo mi è capitato e questo vorrò raccontare. Pasolini con questo testo vive lo stream of consciousness, quel flusso di coscienza non sempre razionale, logico, ma la sua Parola, più prossima alla poesia che alla prosa, riesce comunque a riorganizzare il pensiero. E il suo sguardo, il suo orizzonte è limpido anche e soprattutto nei suoi film. Per questo in scena, mentre Pasolini scriverà il suo diario verranno proiettate alcune sequenze dei suoi film, in particolare La Ricotta, Mamma Roma e, ovviamente Accattone. Le immagini in movimento aiuteranno lo spettatore a conoscere meglio, e nell’immediato, i pensieri inquieti di Pier Paolo che egli racconta con sincerità estrema fino ad arrivare a stati emotivi quasi infantili, là dove si annida la Meraviglia. I suoi personaggi incarnati da persone vere, autentiche, che non sono mai state davanti ad una cinepresa, raccontano l’invisibile – l’obbiettivo dell’arte – traguardo che Pasolini raggiunge nonostante, anzi forse grazie all’angoscia perenne che prova.

In scena ricreeremo un contesto domestico, intimo e protettivo dove Pier Paolo scriverà seduto su una sedia di pelle nera con la macchina da scrivere sulla scrivania di legno. Pochi elementi in scena, quadratura nera, oggetti domestici degli anni ’60 e la presenza costante della madre che alternerà ai lavori di casa alcune discussioni con il figlio. Sullo sfondo l’immagine funebre del fratello partigiano Guidalberto detto Guido morto diciannovenne nei fatti legati all’eccidio di Porzûs il 12 febbraio 1945.

Un televisore acceso ma senza immagini appoggiato a terra. Faremo attenzione al vestiario di entrambi i personaggi come alla loro capigliatura. Ogni dettaglio richiamerà il tempo in cui girerà Accattone i primi anni ’60. La relazione con la madre e i ricordi angoscianti del passato si mescoleranno con il contesto romano, il presente che lo stesso Pasolini definisce “palude romana” ed il suo eterno conflitto interno.

Perché mettere in scena questo testo? È il desiderio irrefrenabile che provo ogni volta che mi avvicino a lui, manca a tutti noi il suo sguardo lucido e preveggente capace di leggere orizzonti più vasti, più lontani, più alti e il nostro tempo assomiglia parecchio a quello che aveva immaginato. Sarei felice di raccontare il Pasolini uomo, incerto, insicuro, inquieto ed angosciato, “ma soprattutto un Poeta, e di poeti non ce ne sono tanti nel mondo ne nascono 3,4 soltanto in un secolo, alla fine di questo secolo Pasolini sarà tra i pochissimi che conteranno come poeta. Il Poeta deve essere sacro”.

Quando Gabriele Allevi e Luca Doninelli mi hanno chiesto di provare a pensare alla messa in scena di un diario mi sono spaventato, poi ho saputo che a scriverlo era Pier Paolo Pasolini. Ho accettato la sfida senza indugio. Amo l’opera pasoliniana da quando portai in Accademia per la selezione – avevo 19 anni- l’Epilogo di Orgia. Parecchi anni dopo la misi in scena su consiglio di Franco Quadri e la feci in due versioni un anno dopo l’altro. Nella prima mi occupai della regia e insieme recitai il ruolo dell’Uomo, nella seconda, mi occupai solo della regia. Quando a 19 anni recitavo quel testo il senso profondo mi sfuggiva, ma sentivo che mi apparteneva. Da allora ho letto ogni suo testo, visto ogni suo film.

Diario di Accattone è un’opera pressoché sconosciuta. La sua forza è meravigliosamente violenta, il suo lessico è vicino al parlato, ma con momenti più prossimi alla poesia che non alla prosa. È un caleidoscopio di colori, immagini, emozioni. In ogni parola c’è Pier Paolo il suo sguardo, il suo mondo, la sua anima.

Ho quindi impostato la regia con l’obiettivo di riportare Pasolini tra noi. Per fare questo ho coinvolto Andrea Zambelli film maker di livello internazionale per montare alcune sequenze dei suoi film: La Ricotta, Mamma Roma, Porcile, e ovviamente Accattone. Queste verranno proiettate nelle pause del parlato e in alcune occasioni anche sul parlato.

Fabio Sonzogni

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