“The fireflies of the Circus” (Le lucciole del circo). È così che nel ’69 uno dei settimanali internazionali di spettacolo più famosi del secolo scorso, “Variety”, definisce i due trapezisti Cesare e Adolfina “… due stelle cadenti che si librano nell’aria e lasciano la scia, sfidando il buio della gravità ed illuminando gli occhi di chi li guarda con doppio e triplo salto mortale…senza rete sotto”.
Tutto comincia quando i nostri due circensi, ormai ultraottantenni, vengono chiamati ad esibirsi in una “serata d’onore” per celebrare la storia della loro coppia artisticae ricevere l’ambito premio di tutti i circensi: il trapezio d’oro.
Una sorta di “operazione nostalgia” per riportare in auge vecchie glorie dimenticate, con non poche difficoltà. Difatti i due trapezisti, un tempo compagni di vita e di palcoscenico, non si vedono da oltre trent’anni, dal giorno in cui il destino li ha divisi per sempre. Per sempre… fino ad oggi!
Viaggiando a ritroso nel tempo attraverso l’escamotage dei flashback, Cesare e Adolfina si raccontano al pubblico accarezzando tutti i capitoli più significativi della loro relazione: dal primo incontro da bambini, allo sbocciare del loro amore fanciullesco, fino all’apice del loro percorso artistico in età adulta, che – “coup de théatre” – coincide esattamente con il loro distacco. Quarant’anni d’amore e di successi, ma anche di liti furiose e di comiche ripicche fino al momento della loro traumatica separazione. Oggi, a quasi trent’anni di distanza da quel giorno infausto, “le lucciole del circo” si ritrovano a collaborare ancora una volta, per l’ultima volta, nella loro ultima grande performance.
In pista, però, non vedremo avvicendarsi soltanto i due protagonisti, ma anche tutta una serie di personaggi che gravitano dentro e fuori lo chapiteau (Dimitri, il lanciatore di coltelli, Fortuna la veggente, Betta, la domatrice, Mariuccio, il clown) e poi acrobati, saltimbanchi e illusionisti, musici e vedette convivono in una pièce fra circo e teatro, fra prosa e musical, fra commedia e tragedia, in grado di catapultare lo spettatore fra i lustrini e le paillettes di quello che, un tempo, era il Grande Circo. Un inno allo spettacolo dal vivo, all’artigianalità dell’arte e a tutti gli artisti del circo che, proprio come i teatranti, scrivono sull’acqua e nel cuore del pubblico.